L’Aquila bella mai non po perire
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana
“L’Aquila bella mai non po’ perire”
L’Aquila
Caserma della Guardia di Finanza “Vincenzo Giudice di Coppito”
martedì 7 luglio – domenica 30 agosto 2009
La mostra “L’Aquila bella mai non po’ perire”, che è stata presentata a L’Aquila presso la Caserma della Guardia di Finanza “Vincenzo Giudice di Coppito” dal 7 luglio al 30 agosto 2009, è nata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana ed è stata promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione Civile e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali in collaborazione con la Regione Abruzzo, il Comune dell’Aquila e la Provincia dell’Aquila e con la partecipazione dell’Università dell’Aquila, dell’Arcidiocesi Metropolita dell’Aquila, il Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Legambiente.
L’esposizione, curata e organizzata da Alessandro Nicosia, si è pregiata della collaborazione di un prestigioso comitato scientifico.
La mostra
L’Aquila e il suo territorio più volte sono stati colpiti dalla forza distruttrice del sisma. Basti ricordare i terremoti del 1315, 1349, 1461, 1646 fino ad arrivare a quello terribile del 1703 e a quello violentissimo che scosse la Marsica nel 1915. Leggendo le cronache aquilane traspare quanti tesori d’arte, oltre alle vite umane, siano andati distrutti nei secoli e come ciò che resta oggi costituisca solo una piccola parte di un patrimonio storico-artistico ricco e variegato.
Non è quindi un caso che si sia voluto dare come titolo a questa mostra la frase “L’Aquila bella mai non po’ perire” da “Cantare” di Anonimo aquilano del XV secolo, canto XI ottava 36. Questa esposizione, infatti, è stata un segno e un auspicio di rinascita per questo territorio così terribilmente ferito ma anche un’occasione per conoscere e far conoscere una regione poco nota e le sue ricchezze.
Attraverso quattro sezioni, la mostra ha presentato circa ottanta opere tra olii, tempere, sculture in legno, in pietra, in terracotta, documenti antichi, mappe, fotografie, pannelli, filmati, che testimoniano il percorso dell’arte aquilana, le sue peculiarità, i capolavori che sono rimasti intatti all’indomani del terremoto e alcuni esempi di opere d’arte che sono stati restaurati “in diretta” sotto gli occhi del visitatore.
Il percorso della mostra
La mostra è la prima a tenersi all’Aquila dopo il tragico sisma del 6 aprile 2009 e cade esattamente a sessant’anni dalla nascita del Museo Nazionale d’Abruzzo, sorto dalla fusione del Museo Civico e del Museo d’Arte Sacra dell’Aquila.
La Città dell’Aquila e il suo territorio vantano un patrimonio storico-architettonico di chiese e di palazzi straordinario per numero e per pregio, per non dire del formidabile Castello Cinquecentesco, sede del Museo Nazionale d’Abruzzo.
Le opere d’arte mobili (tavole, tele, sculture, oreficerie) custodite nel Museo Nazionale dell’Aquila, nelle chiese e nelle collezioni aquilane sono testimonianza dell’alto grado di civiltà di questa terra. La mostra ha pertanto avuto la duplice finalità di presentare al pubblico opere scampate al sisma e altre bisognose di restauro e, nel contempo, di promuovere una maggiore conoscenza di questo cospicuo patrimonio e dei grandi artisti, sia locali sia d’importazione, che lo hanno realizzato.
Il percorso dell’esposizione si articola in quattro sezioni.
I SEZIONE. L’Aquila e la sua storia
La prima sezione della mostra è stata dedicata alla storia della città – densa di avvenimenti – e del suo territorio, illustrata da opere d’arte (ad esempio, la Croce di Nicola da Guardiagrele commissionata dal vescovo Amico Agnifili, figura centrale del Quattrocento aquilano), da documenti (come la Bolla del Perdono di Celestino V), da manoscritti (come un prezioso esemplare della Cronica di Buccio di Ranallo) e dalle opere a stampa di un’illustre tradizione editoriale e storiografica.
II SEZIONE. Opere salvate: un percorso storico-artistico
La seconda sezione ha presentato le opere recuperate nella loro integrità dal Museo Nazionale d’Abruzzo, dalle chiese e dalle collezioni locali: capolavori che coprono un arco cronologico che va dalla fondazione della città (sec. XIII) alla fine dell’Ottocento, e che spaziano fra le diverse tecniche e tipologie (tempere su tavola, olii su tela, sculture lignee, in pietra e in terracotta, affreschi), significative sia per l’alto valore storico-artistico (solo per fare qualche esempio: il San Sebastiano di Silvestro dall’Aquila e la Madonna col Bambino e angeli di Saturnino Gatti, capolavori del Rinascimento aquilano) sia sotto il profilo devozionale (un esempio per tutti: la Madonna di Onna).
La sezione si è svolta secondo un percorso cronologico che, al tempo stesso, mette in evidenza alcuni nuclei tematici: per esempio, il tema medievale della Madonna in trono, che si evolve dalla severa versione della Madonna di Capitignano a quella più affettuosa della Madonna del Latte di Gentile da Rocca (1283).
Larga diffusione ebbe nella seconda metà del Quattrocento il tema della Madonna che adora il Bambino secondo lo schema iconografico e stilistico introdotto da Giovanni di Biasuccio e dal poco più giovane Silvestro di Giacomo, con i quali l’Aquila si apre al Rinascimento fiorentino: la fortuna del modello è attestata dalla Madonna di Onna, cara alla devozione popolare, messa a confronto con l’interpretazione che dello stesso tema dà il ‘Maestro dei polittici crivelleschi’, pittore abruzzese di cultura veneto-adriatica operoso per i conventi francescani dell’Osservanza.
Dopo Giovanni di Biasuccio – di cui è esposta la venerata Madonna col Bambino del Santuario di Santa Maria di Roio – e Silvestro dell’Aquila – di cui è in mostra il giovanile capolavoro del San Sebastiano ligneo, ex voto per la peste del 1478 –, è Saturnino Gatti – pittore e plasticatore – a occupare un posto d’onore fra l’ultimo quarto del Quattrocento e il primo ventennio del Cinquecento, mentre le opere di Francesco da Montereale e di Giovanni Antonio da Lucoli registrano in vario grado la penetrazione della “maniera moderna”. Non mancarono all’Aquila le presenze straniere, documentate in questa sezione da Carl Ruther di Danzica che all’Aquila si fece monaco celestino (1672) e lavorò per la Basilica di Collemaggio. Dopo tre tele settecentesche, che testimoniano la cospicua attività artistica all’Aquila dopo il terremoto del 1703, chiude la sezione l’enorme tela di Teofilo Patini, tra i più interessanti pittori del secondo Ottocento italiano, attento alle problematiche della gente della sua terra.
III SEZIONE. L’eccellenza del restauro italiano per le opere da recuperare
La terza sezione ha consentio ai visitatori di apprezzare l’eccellenza, riconosciuta in tutto il mondo, degli istituti italiani di restauro (l’ISCR di Roma e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze), mostrando “a porte aperte” gli interventi condotti su un campione di opere estratte dal Museo Nazionale d’Abruzzo e dalle chiese danneggiate dal terremoto e la diversa natura delle misure di restauro adottate, calibrate sulla base delle diverse materie e tecniche, nonché sul tipo di danno ricevuto.
Fra le opere esposte in questa sezione, tratte in salvo dal Museo Nazionale e dalle chiese aquilane: la duecentesca Madonna lactans nota come Madonna “de Ambro”, significativa delle strette relazioni fra lo Spoletino e l’Aquilano; la bella Madonna col Bambino in trono in legno policromato, tra i capolavori della scultura gotica centro-italiana; la Madonna col Bambino e il San Pietro Celestino, ambedue in pietra, testimonianze della “scuola” di Silvestro dall’Aquila; di Saturnino Gatti la stupenda Madonna col Bambino in terracotta dalla Basilica di Collemaggio; sempre in terracotta, la Madonna di Pietranico, significativa dell’ampia e duratura diffusione dei modelli aquilani di Silvestro e di Saturnino; la delicata tela della Madonna col Bambino e i Santi Francesco e Caterina d’Alessandria del belga Aert Mytens, attivo all’Aquila sullo scorcio del Cinquecento.